La compensatio lucri cum damno tra risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale e indennizzo da polizza vita

La compensatio lucri cum damno tra risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale e indennizzo da polizza vita

di Marco Violato, avvocato in Padova.

Il presente contributo offre una panoramica sullo stato dell’arte, normativo e giurisprudenziale,della relazione tra risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale e indennizzo derivante dalla liquidazione di una polizza vita.

Nonostante i recenti approdi giurisprudenziali, nei casi di decesso per fatto illecito altrui, è ancora aperto il dibattito tra coloro che sostengono che dal risarcimento debba essere detratto l’eventuale indennizzo derivante da una polizza vita, e coloro che invece sostengono che tra danno risarcibile e indennizzo assicurativo vi sia piena cumulabilità.

 

Definizioni

Compensatio lucri cum damno

La compensatio lucri cum damno è un principio dell’ordinamento giuridico italiano secondo cui, in sede di quantificazione di un danno derivante da un fatto illecito, si deve sottrarre ciò che il danneggiato ha lucrato come conseguenza immediata e diretta dell’illecito.

Il principio trova fondamento nell’art. 1223 c.c., che delimita l’ambito del danno risarcibile all’interno della perdita subita e del mancato guadagno quali conseguenze immediate e dirette dell’illecito.

Da ciò si ricava la regola secondo cui il soggetto danneggiato dal fatto illecito altrui non pottenere, a titolo di risarcimento, più di quanto egli avesse già a disposizione prima che si verificasse l’illecito.

In altre parole, il principio è storicamente volto ad evitare che il danneggiato si arricchisca in conseguenza di un fatto illecito altrui, essendo il sistema risarcitorio italiano orientatoesclusivamente – seppur con talune eccezioni – al ripristino dello status quo ante in cui versava il danneggiato prima di soffrire un danno ingiusto.

 

Risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale

Il risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale consiste nella somma di denaro dovuta aicongiunti di un soggetto deceduto a causa di un fatto illecito altrui.

Il danno può essere di tipo patrimoniale o non patrimoniale, a seconda che il pregiudizio sofferto riguardi un bene della vita suscettibile di valutazione economica (come, ad esempio, la parte di reddito che il defunto destinava abitualmente alla famiglia) oppure un diritto protetto dall’ordinamento ma per il quale non vi è mercato (come, ad esempio, il dolore e la sofferenza patita per la perdita del proprio congiunto).

Per entrambe le tipologie di danno, il risarcimento consiste in una somma di denaro equivalenteall’ammontare complessivo dei pregiudizi subiti da un soggetto per la prematura ed ingiusta perdita del proprio congiunto.

 

Polizza vita o assicurazione sulla vita

Si tratta del contratto di assicurazione disciplinato dagli articoli 1919 e ss. del Codice civile con cuiun soggetto, a fronte del pagamento di un premio, riceve in cambio la promessa che, al verificarsi del proprio decesso, verrà elargita una somma di denaro al soggetto o ai soggetti indicati nella polizza come beneficiari.

I beneficiari possono essere individuati tra gli eredi, tra i congiunti o anche tra terzi non aventirapporti giuridicamente rilevanti con il contraente.

In gergo, si tratta della cosiddetta polizza evento, ossia di una polizza il cui indennizzo viene liquidato in conseguenza del verificarsi dell’evento rischioso dedotto in contratto, senza che tale evento debba dipendere dal fatto illecito altrui.

 

La compensatio lucri cum damno

Si ipotizzi che il decesso di un soggetto avvenga a causa di un fatto illecito altrui.

Il fatto illecito può consistere nella violazione delle norme del Codice della Strada, delle norme in materia di sicurezza sul lavoro oppure delle norme in materia di buone pratiche mediche. Ma gli esempi possono continuare.

Ciò che rileva, è il fatto che in tali ipotesi i congiunti del soggetto deceduto a causa del fatto illecito altrui hanno diritto di ottenere il risarcimento dei danni patiti per la perdita del rapporto parentale.

Occorre tuttavia chiedersi, in questo caso, come si comporta l’eventuale polizza sulla vita del deceduto che individuava tra i beneficiari uno o più dei soggetti aventi diritto al risarcimento del danno. In altre parole, occorre chiedersi – stante il citato principio della compensatio lucri cum damno – se dall’ammontare complessivo del risarcimento debba essere defalcato l’importo corrispondente all’indennizzo derivante dalla polizza vita, oppure se gli importi dovuti a titolo di risarcimento del danno e a titolo di indennizzo da polizza vita possono cumularsi tra loro.

In questa situazione ipotetica ma frequente, i congiunti del soggetto deceduto a causa del fatto illecito altrui diventano titolari, al contempo, del diritto di ottenere il risarcimento del danno e del diritto di ottenere l’indennizzo della polizza vita.

 

La normativa

Sul versante normativo, la materia è disciplinata dal Codice civile agli articoli 1882 e seguenti,ricompresi nel libro IV, titolo III, capo XX, sezione I (disposizioni generali), sezione II (dell’assicurazione contro i danni) e sezione III (dell’assicurazione sulla vita).

La sezione I, che esordisce con l’art. 1882 c.c., definisce il contratto di assicurazione e detta le disposizioni generali delle polizze con funzione previdenziale o di risparmio, nonché dei contratti di assicurazione contro i danni (che comprendono l’assicurazione per la responsabilità civile) e di assicurazione sulla vita.

Ai fini della soluzione del quesito, rilevano gli articoli 1905 comma 1, 1910 e 1916 del Codice civile, tutti ricompresi nella sezione II dedicata all’assicurazione contro i danni.

Tali articoli stabiliscono, in sintesi: che l’assicuratore deve risarcire il danno sofferto dall’assicurato in conseguenza del sinistro (art. 1905 c. 1 c.c.); che se per il medesimo rischio sono contratte più assicurazioni, l’assicurato ne deve dare avviso a ciascuna di esse e in ogni caso le somme corrisposte dalle compagnie non devono superare l’ammontare complessivo del danno sofferto (art. 1910 c.c.); che l’assicuratore è surrogato nei diritti dell’assicurato verso i terzi responsabili (art. 1916 c.c.).

Nella sezione dedicata all’assicurazione contro i danni, viene quindi stabilito che la prestazione assicurativa deve essere volta al ristoro del danno complessivamente patito dall’assicurato, e a nulla più. Il principio è confermato dalla previsione per cui, anche qualora l’assicurato stipuli piùassicurazioni contro il medesimo rischio, egli mantiene unicamente il diritto di ottenere il ristoro del danno patito, e non di ottenere tanti risarcimenti quante sono le polizze stipulate.

Pertanto, nell’assicurazione contro i danni, la normativa è chiara nello stabilire che l’assicurato ha il diritto di ottenere il pieno ristoro del danno patrimoniale e non patrimoniale sofferto, senza alcuna possibilità di ottenere ulteriori emolumenti.

Tuttavia, la normativa appena esaminata disciplina la specie dell’assicurazione contro i danni, e non anche la specie dell’assicurazione sulla vita.

Infatti, sotto la sezione III dedicata all’assicurazione sulla vita (artt. 1919 e ss. c.c.), non vi sono norme speciali e nemmeno previsioni di rinvio tali da far ritenere che le regole appena enunciate in materia di assicurazione contro i danni si possano applicare anche all’ipotesi di decesso per fatto illecito altrui.

Pertanto, nei casi di danni causati dal fatto illecito altrui, la disciplina speciale dettata dal Codice civile impedisce di cumulare gli importi che potrebbero derivare dall’escussione di più polizze.

Viceversa, nei casi di decesso per fatto illecito altrui, il Codice civile è silente in merito alla possibilità di cumulare gli emolumenti derivanti da diversi titoli o polizze.

 

La giurisprudenza

La soluzione del quesito proposto viene fornita da due pronunce della Suprema Corte di cassazione.

La prima, a Sezioni Unite, (n. 12565 del 2018) stabilisce che Così, nel caso di assicurazione sulla vita, l’indennità si cumula con il risarcimento, perché si è di fronte ad una forma di risparmio posta in essere dall’assicurato sopportando l’onere dei premi, e l’indennità, vera e propria contropartita di quei premi, svolge una funzione diversa da quella risarcitoria ed è corrisposta per un interesse che non è quello di beneficiare il danneggiante.

Se così non fosse, se cioè il responsabile dell’illecito, attraverso il non-cumulo, potesse vedere alleggerita la propria posizione debitoria per il solo fatto che il danneggiato ha ricevuto, in connessione con l’evento dannoso, una provvidenza indennitaria grazie all’intervento del terzo, e ciò anche quando difetti la previsione di uno strumento di riequilibrio e di riallineamento delle poste, si avrebbe una sofferenza del sistema, finendosi con il premiare, senza merito specifico, chi si è comportato in modo negligente”.

Nell’ambito del risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, ai fini della cumulabilità,la S.C. di cassazione pone quindi l’accento sulla differenza ontologica che sussiste tra le somme dovute a titolo di risarcimento e le somme dovute a titolo di indennizzo. Le prime, infatti, trovano fondamento nella Legge e nel fatto illecito altrui. Le seconde, trovano fondamento nel contratto e nella causa che lo sostiene. Lo stesso Gazzoni evidenziava tale sostanziale differenza, facendo notare che l’assicurazione sulla vita ha una funzione sostanzialmente previdenziale, e non risarcitoria, tanto più che le somme liquidate a questo titolo sono impignorabili (cfr. art. 1923 c.c.). Ma vi è di più, perché con tale pronuncia, la S.C. di cassazione afferma che il danneggiante non può trarre alcun vantaggio dal fatto che il soggetto deceduto avesse stipulato una polizza vita: Non corrisponde infatti al principio di razionalità-equità, e non è coerente con la poliedricità delle funzioni della responsabilità civile (cfr. Cass., Sez. U., 5 luglio 2017, n. 16601), che la sottrazione del vantaggio sia consentita in tutte quelle vicende in cui l’elisione del danno con il beneficio pubblico o privato corrisposto al danneggiato a seguito del fatto illecito finisca per avvantaggiare esclusivamente il danneggiante, apparendo preferibile in tali evenienze favorire chi senza colpa ha subito l’illecito rispetto a chi colpevolmente lo ha causato”.

Nel solco tracciato dalla citata sentenza a SS.UU. n. 12565 del 2018, è successivamente intervenutala sentenza della S.C. di cassazione n. 9380 del 2021 che ha affrontato specificamente l’ipotesi di non coincidenza tra il contraente-pagatore dei premi, l’assicurato, e il beneficiario, soffermandosi sulla differenza ontologica che sussiste tra polizze ramo vita e polizze ramo infortuni.

Ciò che discende a chiare lettere dalla sentenza da ultimo citata, è che anche in siffatte ipotesi non opera la compensazione (e quindi opera il cumulo) tra l’indennità dovuta ai congiunti di un assicurato deceduto, e il risarcimento dovuto ai congiunti in conseguenza del fatto illecito.

Questa la massima ufficiale: In tema di assicurazione, l’art. 1910, commi 1 e 2, c.c., il cui fondamento risiede nell’esigenza di evitare che l’assicurato, nel conseguire l’indennizzo da più assicuratori, persegua fini di lucro ed ottenga un indebito arricchimento, si applica all’assicurazione contro gli infortuni non mortali, in quanto partecipe della funzione indennitaria propria dell’assicurazione contro i danni, ma non all’assicurazione contro gli infortuni mortali, essendo questa forma di assicurazione assimilabile all’assicurazione sulla vita; tale distinto regime delle due differenti categorie di assicurazioni conto gli infortuni, fondato sulla diversità della causa, trova del resto conferma nella disciplina dettata dall’art. 2, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 209 del 2005 (cd. Codice delle assicurazioni private), il quale, nel porre la distinzione tra il “ramo assicurativo vita” e il “ramo assicurativo contro i danni”, riconduce al primo le assicurazioni contro gli infortuni caratterizzate dall’elemento della “lunga durata” dell’esposizione al rischio che può esitare nella morte o nell’invalidità grave, cui si correla la non rescindibilità unilaterale del contratto da parte dell’assicuratore, mentre gli infortuni invalidanti privi delle suddette caratteristiche restano collocati all’interno del “ramo danni”. Da tali premesse consegue la risoluzione della questione sottoposta all’esame del Collegio: se infatti l’assicuratore del “ramo vita” con l’adempiere alla obbligazione derivante dalla polizza, attribuendo la somma prevista – in forma di capitale o rendita – al beneficiario, non soddisfa alcun credito risarcitorio vantato da quest’ultimo nei confronti del terzo responsabile del danno, prescindendo la prestazione dell’assicuratore dalla esistenza e dalla entità del pregiudizio subito dal beneficiario derivante dall’atto illecito, viene meno la stessa possibilità di attuazione del meccanismo surrogatorio, non essendo l’assicuratore chiamato ad adempiere “a causa” dell’illecito, ma “a causa” dell’evento della morte dell’assicurato, e cioè della verificazione del rischio oggetto della polizza.

 

Conclusioni

In caso di decesso causato dal fatto illecito altrui, i beneficiari della polizza vita che abbiano al contempo diritto al risarcimento del danno, possono cumulare l’indennizzo derivante dall’escussione della polizza vita con le somme spettanti a titolo di risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale da perdita del rapporto parentale.

 

Avv. Marco Violato